Dibattito sulla definizione di expat: non è vero che sono solo “britons”

 

Si sta diffondendo sul web un dibattito su chi deve essere considerato un expat e chi un immigrato:
Nel 2014 ho scritto un capitolo dedicato agli expat nella decima edizione dell’Osservatorio Romano sulle Migrazioni – IDOS editore.
Ho così definito il termine expat:
“Con il termine expats si indicano tutte quelle persone soggette a una forte mobilità internazionale di livello elevato, accomunate non tanto dall’appartenenza a una medesima nazionalità, quanto da una sorta di identità “in movimento”, che li distingue e differenzia, per condizioni di vita e bisogni, dai cosiddetti gruppi “stanziali”. Si potrebbe quindi sostenere che l’essere expat sia prima di tutto uno “stato d’animo”, piuttosto che una condizione ratificata da qualche legge.
Sebbene per la maggior parte siano ancora britons, non tutti gli expats sono di origine anglosassone, tra di essi sono anzi rappresentate un po’ tutte le nazionalità, inclusi cittadini italiani che siano temporaneamente ritornati in Italia dopo significative permanenze all’estero. Allo stesso tempo, vi sono persone che, pur avendo trascorso all’estero anni,non si considerano expats ma vivono le proprie permanenze all’estero solo come una parentesi rispetto alla condizione di cittadini di un determinato Stato. Chi si sente unexpat, al contrario, si percepisce come parte di una comunità internazionale con propri usi, consuetudini, indirizzi di riferimento, siti e blog specializzati. In altre parole, come appartenente ad un particolare gruppo di persone non riconducibile a una specifica appartenenza nazionale o etnica.
Nella maggioranza di casi gli expats sono benestanti, tuttavia la loro vita non è solo “rose e fiori”, è anche fatta di difficoltà di integrazione, in particolare per i figli che devono spesso interrompere le amicizie per via dei frequenti trasferimenti all’estero. E internet e i social network rispondono solo in parte all’esigenza di conservare vivi i contatti anche tra persone distanti migliaia di chilometri.

Giovanni Papperini