Sull’inopportunità dell’uso della parola “lavoro” per l’attività di volontariato dei richiedenti asilo
il 08/05/2015
L’inopportuno uso della parola “lavoro” oltretutto “gratuito” utilizzato dal Ministro Alfano in una conferenza Stato-Regioni sulle modalità di accoglimento dei richiedenti asilo, vedi Ansa ” Immigrazione: Alfano, far lavorare gratis i migranti” , ha scatenato un putiferio intorno al delicato tema di come tenere occupati i migranti in attesa dell’esito del riconoscimento dello status di Rifugiati.
Le frasi: “Dobbiamo chiedere ai Comuni di applicare una nostra circolare che permette di far lavorare gratis i migranti” “Invece di farli stare lì a non far nulla – ha aggiunto – che li facciano lavorare” sono state immediatamente riprese negativamente dai media. E’ stato l’uso della parola “lavoro gratis” ad innestare la miccia. Infatti prima di tale intervento ben pochi si erano accorti di questa circolare, risalente al 27 Novembre 2014 nella quale è scritto:
“CIRCOLARE MINISTERO DELL’INTERNO n. 14290 del 27 novembre 2014
Oggetto: Attività di volontariato svolte dai migranti.
Gli importanti flussi migratori che hanno interessato l’Italia a partire dalla fine del 2013, e per tutto il 2014, hanno determinato una significativa presenza di cittadini stranieri extracomunitari ospitati in tutte le province del nostro territorio.
A seguito di ciò da più parti è stato evidenziato che una delle criticità connesse all’accoglienza è quella relativa alla “inattività dei migranti” che si riverbera negativamente sul tessuto sociale ospitante.
Per ovviare a tale situazione si ritiene che, come già avviato con successo dalla Prefettura dl Bergamo, le SS.LL. potrebbero sottoscrivere protocolli d’Intesa con gli EE.LL., anche costituiti in consorzio, volti a porre in essere percorsi finalizzati a superare la condizione di passività dei migranti ospitati nelle province di rispettiva competenza attraverso l’individuazione di attività di volontariato.
Tali iniziative appaiono meritevoli di ogni considerazione in quanto, coinvolgendo i migranti in attività volontarie di pubblica utilità svolte a favore delle popolazioni locali, si assicurano loro maggiori prospettive di integrazione nel tessuto sociale del nostro Paese, scongiurando un clima di contrapposizioni nei loro confronti.
Le attività oggetto dei protocolli d’intesa devono essere rivolte, esclusivamente ai richiedenti asilo e a coloro che sono in attesa della definizione del ricorso in caso di impugnativa della decisione negativa della competente Commissione Territoriale e ciò nella considerazione che per i titolari di Protezione internazionale sono previsti altri percorsi di inserimento lavorativo.
Pertanto le attività di volontariato svolte dai richiedenti asilo devono rispondere ai seguenti requisiti:
1) Devono essere svolte esclusivamente su base volontaria e gratuita;
2) Devono essere finalizzate al raggiungimento di uno scopo sociale e non lucrativo;
3) Deve essere sottoscritta un’adeguata copertura assicurativa per la responsabilità civile verso terzi e contro gli infortuni, non a carico di quest’Amministrazione;
4) Deve essere assicurata una formazione adeguata alle attività che saranno svolte dai migranti volontari;
5) Gli stranieri devono aderire, in maniera libera e volontaria, ad un’associazione e/o ad un’organizzazione di volontariato.
Si ritiene, infine, opportuno che i protocolli d’intesa. vengano condivisi in sede di Tavolo di coordinamento regionale onde assicurare un’uniformità di azione sul territorio. IL CAPO DIPARTIMENTO: Morcone ”
In questa circolare era stato accuratamente evitato qualsiasi riferimento alla parola “lavoro”, nel lodevole tentativo di non creare confusione con quanto riportato in un opuscolo dello stesso Ministero dell’Interno nel quale si riporta un preciso divieto contenuto nel Regolamento di Dublino e nelle procedure per il riconoscimento del diritto di asilo in Italia:
http://www1.interno.gov.it/mininterno/export/sites/default/it/assets/files/23/9979_italiano.pdf
“Accesso al lavoro: all’inizio della procedura di asilo non è possibile lavorare. Se la decisione sulla tua domanda di asilo non viene presa entro sei mesi dalla sua presentazione e il ritardo non è dovuto a un tuo comportamento, il permesso di soggiorno temporaneo viene rinnovato per altri sei mesi e ti consente anche di lavorare fino alla conclusione della procedura”.
Il clamore adesso suscitato dall’intervento del ministro Alfano, oltre ad ingenerare rabbia in molti cittadini esasperati per la disoccupazione dei nazionali, pone seri rischi di tenuta dell’intero sistema immigratorio di massa in Italia. Sistema basato su un regime di quote annue. Sulla base del quale ogni anno possono entrare legalmente per motivi di lavoro tot extracomunitari, divisi per categorie, nazionalità ecc. Oltretutto da anni ormai le quote annue sono particolarmente limitate per non andare a confliggere con una forte disoccupazione di nazionali, e, soprattutto, di alcune etnie di stranieri già presenti sul territorio. Alternativamente ai visti per lavoro subordinato molte persone cercano di entrare con il sistema del ricongiungimento familiare, estremamente complesso e con tempi di attesa molto lunghi. Già molti extracomunitari in attesa dell’apertura dei “flussi” o di ottenere un altro tipo di visto scalpitano per entrare in Italia, se poi vengono a conoscenza che tutti i richiedenti asilo fin dall’entrata nel nostro territorio possono “lavorare” ( è secondaria la tipologia di lavoro e se “gratuito” o meno, quello che conta è l’estrapolazione della parola “lavoro” fatta dai giornalisti per esigenze di sintesi dei titoli degli articoli. Articoli tradotti in automatico su internet e diffusi in tutto il mondo) vi è il rischio concreto di un incremento delle persone che si avventurano nell’ingresso non regolare in Italia.
Giovanni Papperini