Gentrificazione ed investimenti esteri immobiliari: come trasformare una manna dal cielo in una catastrofe

 

Sui media italiani periodicamente appaiono considerazioni assolutamente negative su quell’insieme di processi che vengono comunemente indicati come “gentrificazione” dall’inglese “gentrification”.
Da ultimo l’articolo di Alessia Candito pubblicato sul sito online de La Repubblica: “Il fantasma della casa accanto”
Spiegazioni prevalentemente negative del termine appaiono anche nella voce “Gentrificazione” dell’enciclopedia online Wikipedia:
“Il termine gentrification è stato introdotto in ambito accademico dalla sociologa inglese Ruth Glass nel 1964[2] per descrivere i cambiamenti fisici e sociali di un quartiere di Londra che sono seguiti all’insediamento di un nuovo gruppo sociale di classe media. A tal proposito C. Hamnett scrive:
« Essa identificò la gentrification in un processo complesso, o un assieme di processi, che comporta il miglioramento fisico del patrimonio immobiliare, il cambiamento della gestione abitativa da affitto a proprietà, l’ascesa dei prezzi, e l’allontanamento o sostituzione della popolazione operaia esistente da parte delle classi medie. » Questi cambiamenti si verificano nelle periferie urbane, ma soprattutto nei centri storici e nei quartieri centrali, nelle zone con un certo degrado da un punto di vista edilizio e con costi abitativi bassi. Nel momento in cui queste zone vengono sottoposte a restauro e miglioramento urbano, tendono a far affluire su di loro nuovi abitanti ad alto reddito e ad espellere i vecchi abitanti a basso reddito, i quali non possono più permettersi di risiedervi.”
Considerazioni nelle quali prevale un aspetto assolutamente negativo, e datato, degli effetti della gentrificazione. A parte la forte riduzione strutturale della “popolazione operaia “ in quanto tale per la riconversione post-industriale in atto da decenni in Occidente.
Fortunatamente Wikipedia è una enciclopedia condivisa libera e già affiorano, almeno nelle discussioni interne, versioni diverse e meno negative del termine, quali: “Non è che i ceti più elevati si spostino nelle aree urbane più depresse perché queste vengono restaurate ma il contrario. Le aree urbane più degradate migliorano e vengono restaurate in seguito all’afflusso delle classi più abbienti.”
Più gravi sono le posizioni assolutistiche di “cittadinanza esclusiva”, con pesanti considerazioni anticapitaliste e antiliberiste, contenute nella Enciclopedia Treccani:
gentrificazione
Neologismi
gentrificazione s. f. Riqualificazione e rinnovamento di zone o quartieri cittadini, con conseguente aumento del prezzo degli affitti e degli immobili e migrazione degli abitanti originari verso altre zone urbane. ◆ Ne aveva visionati alcuni, di questi loft, e una volta, dietro il prossimo cantiere fumigante della nuova metro c, che avrebbe fatto ulteriormente alzare i valori immobiliari della zona, aveva assistito a una vera scena violenta di gentrificazione: una feroce architetta-immobiliarista gli aveva mostrato un seminterrato senza finestre «ma con modernissimo sistema ad aria forzata», per poi annunciare, ad alta voce, anzi urlando proprio: «Qui, tanto, buttiamo giù tutto», indicando palazzine degradate, ma anche con una loro dignità prenestina – soprattutto, facendosi ben sentire da anziane sòre terrorizzate in finestra. (Michele Masneri, Sole24Ore.it, 22 dicembre 2013, Domenica) • Oltre Garbatella però la gentrificazione non si spinge, anche essa ammaliata dalla pigrizia della città eterna, il paese diventa un cordone ombelicale? (Stefano Ciavatta, Pagina99WE, 10-16 maggio 2014, p. 13).
Dall’ingl. gentrification, a sua volta derivato dal s. gentry (‘piccola nobiltà’).
Già attestato dal 1982 (vedi Zingarelli 2014, alla voce gentrificazione).
gentrificazióne s. f. – Termine coniato nel 1964 da R. Glass e con il quale si intende quel fenomeno di rigenerazione e rinnovamento delle aree urbane che manifesta, dal punto di vista sociale e spaziale, la transizione dall’economia industriale a quella postindustriale. La g. è tipica delle «città globali», associata alle politiche a indirizzo neoliberale, con forte permeabilità delle arene pubbliche locali agli interessi del capitale privato. Gli effetti della g. consistono in un radicale mutamento delle aree più depresse (inner city) delle città industriali in termini sia di ambiente costruito – attraverso la demolizione, ricostruzione o riqualificazione dei quartieri storici in via di decadenza – sia della composizione sociale. Gli approcci al fenomeno sono stati sviluppati secondo due prospettive: la prima – condivisa da D. Ley, T. Butler e C. Hamnett – orientata al lato della domanda, vede la g. come effetto della mutata composizione della classe media, non più impiegata nella produzione manifatturiera, bensì nei più remunerativi settori finanziario e dei servizi affaristico-legali, che aumenta la propria capacità di spesa e riorienta le proprie preferenze residenziali ai quartieri centrali, in ragione della vicinanza ai luoghi d’impiego e alle aree per attività ricreative e di consumo. La seconda – assunta da N. Smith – si concentra invece sul lato dell’offerta e individua nel divario di rendita il principale motore della g.: le zone soggette vivono una sensibile discrepanza tra l’elevato valore d’uso del suolo e il basso valore immobiliare degli edifici abitati dalle classi marginali. Entrambi gli approcci evidenziano opportunità di profitto per il capitale privato, che ha interesse – attraverso le istituzioni locali – ad avviare processi di riqualificazione nelle aree maggiormente attrattive, con il conseguente aumento dei prezzi degli immobili. La g. conduce dunque alla creazione di vere e proprie «enclave esclusive» che, stabilendo nuove centralità di localizzazione, provocano l’allontanamento delle categorie sociali marginali. In tal senso, il fenomeno contribuisce a una materializzazione spaziale della polarizzazione sociale, esito a livello urbano dei processi di globalizzazione.
Lessico del XXI Secolo”.
In realtà la posizione di Chris Hamnet , professore al Dipartimento di Geografia del King’s College a Londra, è molto più neutrale ed in “Gentrification and the Middle-class Remaking of Inner London, 1961-2001” ha definito la “gentrificazione” come :
“gentrification is best explained as the social and spatial manifestation of the transition from an industrial to a post-industrial economy based on financial, business and creative services, with associated changes in the nature and location of work, in the occupational class structure, earnings and incomes and the structure of the housing market.”
Tradurre in italiano la frase “business and creative services” come “servizi affaristico-legali” è raccapricciante. Ma come è possibile questa traduzione per quella che sta divenendo la maggior industria del Regno Unito , si veda un recente documento del governo britannico sulle “Creative industries”, e dell’Occidente intero, “those industries which have their origin in individual creativity, skill and talent and which have a potential for wealth and job creation through the generation and exploitation of intellectual property”.
Sono forse dediti ad attività affaristico-legali, magari qualcuno lo è non lo posso escludere, tutti coloro che lavorano nella pubblicità, nell’architettura,nel design e nella moda, nell’industria cinematografica, nella creazione di video giochi, nella creazione di software, ecc ecc. Si veda questa mappa sempre del governo britannico.
In conclusione molte delle considerazioni negative dei complessi processi di “Gentrificazione” sono basate su una concezione antiquata della società e della sua evoluzione. Considerazioni quali: “attici e ville da sogno abitati pochi giorni all’anno” non considerano che intorno a tali abitazioni nascono continuamente nuove attività di servizi, quali, ad esempio nell’ambito della Relocation, la manutenzione e gestione delle ville in assenza dei proprietari.

Giovanni Papperini