Esporre i vantaggi economici dell’immigrazione di massa: arma a doppio taglio?
il 04/06/2016
Recentemente, anche in relazione all’incremento del numero dei Rifugiati e migranti economici approdati in Europa, si moltiplicano sui media articoli e studi di veri o presunti vantaggi di natura economica per gli stati di accoglienza degli immigrati. Molti di tali articoli e studi sono riportati dalla Fondazione Leone Moressa
Tecnicamente gli studi sono perfetti nello sciorinare cifre, almeno in apparenza e per tempi medio-brevi, che indicano vantaggi economici sostanziali per le economie , le finanze e le pensioni degli stati che accolgono molti immigrati, anche con basse qualifiche.
La questione vera non è discutere sui numeri reali e sugli intervalli di tempo da considerare, elemento fondamentale per i vantaggi di natura pensionistica, ma sull’impatto che tali tipi di studi ed articoli possono avere sull’opinione pubblica che si vuole influenzare, in senso positivo verso l’immigrazione, anche quella non espressamente richiesta dagli stati e subita.
Utilizzare statistiche macroeconomiche e grafici pieni di numeri, di guadagni, di incremento di reddito, di tasso di sviluppo delle aziende gestite da immigrati potrebbe stonare in contesti “di sinistra” vicini ai “movimenti” alternativi, anticapitalisti, ideologicamente contrari all’economia di mercato e che sono abituati a definire ancora “padroni” i datori di lavoro, anche se di origine straniera. Per tali movimenti , come i #NoBorders con i presidi a Ventimiglia , la libera circolazione universale delle persone dovrebbe essere un fatto normale, per tutti, non legata all’esistenza o meno di vantaggi per gli stati ospitanti. Anzi evidenziarli sfavorirebbe il diritto individuale al “non lavoro” all’antico “otium” dei latini, prerogativa di chi vuole vivere una vita tranquilla , avulsa dalla lotta allo spasimo per conquistare la poltrona di capoufficio o per sbeffeggiare il vicinato con un selfie dalle Maldive….
Se invece l’opinione pubblica che si vuole influenzare positivamente è quella “di destra” vi è il rischio concreto di una vera e propria catastrofe mediatica. Infatti le destre liberiste non hanno bisogno di alcun grafico per conoscere i vantaggi economici dello spostamento di masse di persone da uno stato all’altro, e sono pienamente consapevoli che sempre più persone, sotto pressione, chiederanno quello che loro chiedono da sempre: una riduzione delle spese degli stati per un welfare non più sostenibile ed in generale una riduzione degli interventi di spesa pubblica, sostituiti da interventi di privati e del terzo settore non finanziato dal pubblico.
Le “destre” identitarie messe a conoscenza di certi dati addirittura potrebbero avvicinarsi ai populisti anti-immigrati, coloro che denunziano presunti complotti pluto-massonici per sostituire interi popoli con popolazioni giovani immigrate, prive di diritti sindacali, alle mercé delle elites vere padrone del Mondo!
Del resto , con 240 milioni di persone fuori del loro stato di origine è ovvio che alcuni riflessi politico-culturali cambino nel mondo, come è riportato in questo articolo “Are these the new migration superpowers?” scritto da Mark Leonard Direttore del European Council on Foreign Relations . Anche se questo è un vantaggio per l’economia globale, anche se è stata una valvola di sfogo per tante persone che in altre epoche sarebbero morte per fame o per guerre con i vicini, non è con i grafici econometrici che si portano verso tesi favorevoli all’immigrazione persone intrise di un misto di sentimenti positivi di amor patrio, identità, senso di appartenenza ad un territorio ed ad una etnia, ecc. ma con la mente offuscata da pregiudizi razziali.
Giovanni Papperini