Anni ’90 del secolo scorso, nel corso di una elegante cena un alto burocrate con orgoglio dichiara che personalmente non fa uso del computer nel suo ufficio!

Detta così può sembrare un plastico esempio di arretratezza culturale della nostra burocrazia. In realtà, l’ho capito dopo molti anni, che la sua era una provocazione. Una riaffermazione forte della supremazia del ragionamento umano sulle macchine.
Parafrasando il concetto, un po’ come la voce solitaria ma autorevole di chi si erge contro un certo “giovanilismo” meccanico e di maniera , argomentando che , il sia pure necessario ed auspicabile, ricambio generazionale non deve comunque privare la società della preziosa esperienza degli anziani.
Nella mia professione di consulente di immigrazione e cittadinanza mi capita con un certa frequenza, forse perché ci si rivolge allo Studio Papperini Relocation quando altri consulenti non riescono a trovare una soluzione, di dover affrontare dei casi “fuori standard” . In una burocrazia che ha indossato il vello dell’agnello iper-tecnologico, ma che, in realtà, ha solo assopito la sua natura feroce di lupo. Fiera pronta ad azzannare tutti coloro che non vogliono o non possono passare nei loro sentieri predeterminati.
Quante volte ho dovuto insistere con le Autorità, portandole piano piano con ragionamenti logici e con il buon senso a riflettere sul nonsense di certe procedure standardizzate, non applicabili a quel caso concreto. Alla fine, quasi sempre, li convinco a “forzare” le procedure informatizzate con interventi manuali umani.
La, sia pur necessaria, automazione della Pubblica Amministrazione può trasformarsi in un inferno burocratico senza la “forzatura umana”.

Giovanni Papperini