Inevitabile una nuova  sanatoria per gli extracomunitari  irregolarmente soggiornanti  in Italia

 

E’ auspicabile che i governi dell’Unione Europea trovino al più presto  un accordo per una definizione chiara ed unitaria del diritto di Asilo e per una lista degli stati considerati “sicuri”. Le persone provenienti da tali stati non dovrebbero dover accedere automaticamente alle procedure di richiesta di Asilo, se non per casi molto particolari, e per loro dovrebbero essere previste delle procedure di rimpatrio uniformi a livello UE e realisticamente applicabili in concreto.

Tutto questo però potrà essere deciso per il futuro, resta invece aperta la questione relativa ad una sacca di irregolarità e clandestinità assoluta che si è venuta a creare in Italia dalla chiusura dell’ultima sanatoria-regolarizzazione nel 2012 ad oggi.

Non mi azzardo a dare numeri sulla possibile consistenza di tale bacino di irregolarità, immagino tuttavia che sia superiore alle 100000 unità, considerando anche le decine di migliaia di migranti entrati con i “barconi” e che hanno visto rifiutata la loro richiesta di Asilo e non hanno adempiuto all’invito di ritornare in patria o non  è stato possibile comunque provvedere alla loro espulsione effettiva dal territorio.

In mancanza di accordi di rimpatrio con tutti gli stati dai quali provengono immigrati considerati irregolari le espulsioni sono molto difficili da attuare in concreto. Inoltre l’Italia non può permettersi, sia per i trattati che ha sottoscritto, sia per evitare biasimi internazionali, di ricorrere ad espulsioni di massa.

D’altra parte per ridurre il più possibile sacche di irregolarità tra gli immigrati, ed essere più credibili di fronte all’Europa nella prospettiva di voltare pagina ed entrare a far parte di un progetto più organizzato di gestione dell’emergenza migrazione, non è possibile evitare un provvedimento di sanatoria-regolarizzazione.

Una sanatoria dovrebbe anche prevedere opportuni interventi  per contrastare il riformarsi di bacini di irregolarità immigratoria. In particolare andrebbe favorita la “migrazione circolare” (circular migration) da stati ad alta propensione immigratoria ed attuati seri programmi misti pubblico-privato per favorire le condizioni per gli investimenti diretti esteri  in Africa e della contemporanea elevazione del grado di istruzione in loco. C’è poco da illudersi: gli investimenti diretti esteri assorbono soprattutto personale qualificato, non servono per dare lavoro a personale privo di qualsiasi qualificazione.

Si veda questo mio post del 23 novembre 2013 su Facebook : Gli investimenti diretti esteri creano posti di lavoro soprattutto per la forza lavoro qualificata e non per quella non qualificata.

Giovanni Papperini

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