Da troppo tempo ormai gli imprenditori in Italia sono oggetto di campagne d’odio, se non addirittura di vera e propria persecuzione.

Nel mio lavoro di consulente di immigration, relocation ed in generale di assistenza e consulenza per gli investitori esteri mi è capitato di avere dei contatti con organizzazioni governative straniere che assistono le loro piccole e medie imprese nei processi di internazionalizzazione. La sensazione era di avere a che fare con persone che ragionavano come un imprenditore, che ne comprendevano esattamente le necessità ed operavano attivamente per risolvere loro problemi concreti. Purtroppo questo non accade, nella maggior parte dei casi, nella realtà pubblica italiana, che dovrebbe aiutare le imprese italiane nei loro percorsi di internazionalizzazione, e non ostacolarle.

L’idea dell’imprenditore privato tendenzialmente delinquente si è prolungata nell’immaginario collettivo di molte persone, anche quelle che ricoprono importanti ruoli politici ed amministrativi, che mischiano in un unico calderone atemporale e aterritoriale:

  • la totale insensibilità che era presente nelle realtà proto-capitaliste
  • la totale mancanza di etica di alcuni affaristi che basano la loro fortuna prevalentemente in forzature delle leggi , potendo contare su influenti appoggi politici a livello locale o nazionale
  • l’immaturità imprenditoriale in alcuni stati che solo oggi si affacciano alla globalizzazione, e, in mancanza di risorse naturali o tecnologiche, utilizzano in maniera non corretta risorse umane locali anche minori.

Spinti dal timore per questa retorica anti-imprese, purtroppo molti validissimi imprenditori sono emigrati e tanti altri li stanno seguendo.

Gli attacchi all’imprenditoria privata in Italia provengono da più parti, ma quelli che fanno più male, sono “le notti dei lunghi coltelli”. Gli attacchi lanciati da ambienti che si dichiarano “vicini alle piccole imprese” ed appartengono alla stessa area geografica dove insistono le imprese. Quelli che si autoproclamano “per la difesa degli interessi  nazionali”, “vicini al popolo” , per la “difesa delle piccole imprese contro gli eccessi della globalizzazione”, ecc.

È da tale fronte che arrivano gli attacchi più infidi contro gli imprenditori.

In particolare contro gli imprenditori più capaci ed industriosi.

Coloro che non si rifugiano nei mercati protetti locali, nelle commesse pubbliche a qualsiasi costo ed oltre ogni valore etico, come ha dimostrato la tragedia di Rigopiano, ma affrontano la “globalizzazione” senza timori reverenziali.

Coloro che vedono nella internazionalizzazione dei mercati le enormi potenzialità ed intendono internazionalizzare la propria azienda, mantenendo la “testa pensante ed il cuore” in Italia.

Coloro che, con enormi sacrifici personali, lavorando giorno e notte, hanno creato negli anni posti di lavoro diretti ed indiretti e stringono i denti per mantenerli a tutti i costi.

Coloro che girano il mondo come trottole per cercare clienti e selezionare i migliori fornitori.

Coloro che ogni giorno prendono rapide decisioni, seguendo costantemente l’evoluzione dei mercati mondiali.

Coloro che investono nella propria azienda anche l’ultimo spicciolo, invece di cercare la fortuna in una cartella di “gratta e vinci”.

Coloro che non meritano di essere additati al pubblico ludibrio, accusati di essere “servi della mondializzazione” e “traditori della patria”, solo perché hanno scelto di lanciarsi nel mercato globale.

Giovanni Papperini