TTIP : perigliosa via di fuga per i vigliacchi eternamente protezionisti
il 28/06/2015
L’adesione al Transatlantic Trade and Investment Partnership, il trattato di libero scambio tra Unione Europea e Stati Uniti d’America, appare come un avvilente escamotage per avvicinarsi alle posizioni liberiste statunitensi da parte di un litigioso consorzio di stati del “vecchio” continente (vecchio in tutti i sensi, anche demografico). Stati incapaci di liberarsi da soli da un soffocante protezionismo e da un iper-interventismo statuale negatore della libera impresa privata e fautore di un welfare ossimoro e penalizzante per i giovani.
L’Europa nelle trattative con gli USA per la ratifica del TTIP si sta comportando come il politicante dell’ente locale che dopo aver distrutto l’economia del proprio territorio, con politiche clientelari ed antieconomiche, si rivolge allo stato centrale per non fallire. Lo stato concede sì un credito, ma lo subordina a precisi cambiamenti gestionali, alla fine di insensate politiche antimercato ed in difesa di ristrettissimi interessi di categorie parassitarie e di rendite di posizione. L’Europa che per decenni ha fatto credere ai propri cittadini, ed elettori,
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di vivere negli stati governati nel miglior modo al mondo
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dove la persona è posta al centro dell’attenzione dello stato
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dove la privacy è sacra ed ultraprotetta
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dove il cibo è sano e la cui provenienza è supercontrollata e garantita al 100%
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dove il lavoro è garantito per tutti in maniera indipendente dalle variazioni socioecomiche globali
L’Europa che sta perdendo la “Guerra globale per l’attrazione dei talenti” a vantaggio degli USA, Canada, Australia,ecc
L’Europa che a causa di una irresponsabile politica immigratoria contraddittoria nei confronti dell’Africa, da una parte timorosa di avviare serie politiche di “immigrazione temporanea e circolare” di giovani valenti africani per paura del “brain drain” e dall’altra “buonista” e “cattivista” a fasi alterne nei confronti dei migranti economici, lascia che la Cina conquisti giorno per giorno i mercati africani potenzialmente ricchissimi di risorse naturali ed umane.
L’Europa che guarda al capello di questa o di quella clausola dei contratti collettivi di lavoro e costringe i suoi figli ad emigrare in Australia o in Cina per poter finalmente lavorare.
Ecco è l’Europa alla quale conviene, per non perdere la faccia, far credere che interventi di buon senso per liberare l’economia da lacci e lacciuoli soffocanti, per liberare l’agricoltura da tabù antidiluviani, per liberare il commercio da bardature medievali, siano IMPOSTI dal perfido governo statunitense, al soldo delle multinazionali.
Giovanni Papperini