Dalle speculazioni filosofiche del filosofo, astronomo e matematico Talete da Mileto nel VI secolo a.C. alle più recenti teorie della fisica quantistica e della natura dei “buchi neri” cosmici l’essere umano ha sempre trovato un limite nella propria immaginazione per interpretare la realtà.

Il futuro della ricerca spaziale risiede nel cd. “turismo cosmico”, per una serie di motivazioni.

Quella economica, la necessità di sopperire con capitali privati alle riduzioni dei bilanci pubblici conseguenti alla fine della corsa ideologica allo spazio tra ex URSS e Stati Uniti, non è fine a se stessa. La possibilità di andare nello spazio per persone non appartenenti alla ristrettissima cerchia degli astronauti di professione è fondamentale per il progredire delle nostre conoscenze cosmiche.

Il limite dello scienziato o, comunque della persona esperta in un determinato argomento, è la tendenza al rispetto di regole, di leggi fisiche considerate immutabili. Nello spazio invece è ormai acclarato che esistono forze, entità, singolarità che non rispettano le regole che normalmente siamo abituati a considerare nella Terra. L’osservazione di persone “ignoranti” di astronomia ed astrofisica potrebbe permettere di dare una interpretazione diversa e più aderente alla realtà di fenomeni irrisolvibili al momento con formule matematiche. Lo spazio attende di essere “scoperto” da poeti e scrittori come l’Italia dal ‘600 all’800 attendeva i viaggiatori del “Grand Tour” come Lord Byron e Goethe. Saranno loro a permettere veramente all’Umanità di capire che cosa è l’Universo che ci circonda oltre le formule matematiche e le ipotesi scientifiche.

Elemento essenziale per lo sviluppo dell’immaginazione è l’ambiente, il territorio. Non a caso molte università statunitensi “delocalizzano” in città come Roma le loro sedi, per permettere ai loro studenti di entrare in contatto diretto con il vivere comune e le vestigia del passato della culla di una civiltà bimillenaria.

La creazione di “campus” di ricerca dotati di una molteplicità di servizi per gli scienziati ed i tecnici che vi risiedono può avere delle controindicazioni se comporta un isolamento pressoché totale dal territorio circostante.

Anche se si crea un bell’ambiente cosmopolita e dotato di tutti i servizi e macchinari moderni vi è il concreto rischio di un isolamento del gruppo degli scienziati dal territorio.

Viene a mancare la “contaminazione” con il resto della popolazione, con i locali pubblici, con i musei ed i monumenti, con la “movida” locale. Al limite anche con la parte oscura della città, la parte non lustrata ad uso dei turisti, ma reale. Reale come reale era l’Italia dell’immediato dopoguerra rappresentata dai film cult come “Paisà” o “Ladri di biciclette”.

Barriere alle potenzialità dell’immaginazione risiedono anche nella eccessiva frammentarietà e rigidità formale dei percorsi formativi. L’eccessivo formalismo nel riconoscimento e valorizzazione della preparazione scolastica ed universitaria basata su percorsi predefiniti rigidi, che non tengono conto delle capacità individuali innate e dell’esperienza acquisita sul campo è un grosso ostacolo allo sviluppo complessivo della società. Comporta, tra l’altro, una sottoutilizzazione delle capacità professionali di molti immigrati che hanno difficoltà per il riconoscimento formale dei loro titoli di studio esteri. E’,ad esempio, scandaloso che un’azienda abbia dovuto attendere ben 16 mesi per ottenere la “carta blu europea” per poter assumere un laureato siriano, come ha riportato “Avvenire” il 23 dicembre 2015: ” Il laureato di Damasco ed i tempi della burocrazia italica”.

Inoltre è una delle principali cause del fenomeno dei “Neet”, i giovani che non lavorano e non studiano. Tale fenomeno deve essere valutato come importante segnale di non adeguatezza del sistema educativo e del sistema produttivo alle esigenze ed aspettative della moderna gioventù.

Un po’ come il crescente astensionismo alle elezioni è un indice di gravi inadeguatezze dell’attuale sistema di rappresentanza politico-istituzionale.

E’ plastico l’abisso tra le modalità formali di comunicazione all’interno delle scuole ed università e negli uffici delle aziende e l’informalità e la rielaborazione continua dei vocaboli italiani frammisti a vocaboli anglicistici utilizzati dai giovani nei contatti quotidiani sui social.

L’italiano impregnato di slang, prestiti stranieri, abbreviazioni, immagini e disegni inserite nei testi è anche un mezzo per permettere un dialogo virtuale tra gli Italiani e gli stranieri presenti sul territorio. Dialogo fondamentale in periodi caratterizzati da tensioni etnico-religiosi crescenti per le note vicende del terrorismo internazionale

Giovanni Papperini