Luci ed ombre del nuovo visto per investitori

 

Nel decreto flussi per l’anno 2016 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 2 febbraio 2016  è stato per la prima volta introdotto in Italia un “visto per investitori”.

Infatti nell’ambito dei flussi per lavoro autonomo, alla tradizionale figura dell’imprenditore “di interesse per l’economia nazionale” con disponibilità minime di risorse finanziarie disponibili in Italia per l’investimento non inferiori ai 20.000 €, è stata sostituita quella dell’investitore di una somma minima di 500.000 € e con l’onere di creare almeno tre nuovi posti di lavoro.

Nel decreto  è infatti scritto:

a) imprenditori che intendono attuare un piano di investimento di interesse per l’economia italiana, che preveda l’impiego di risorse proprie non inferiori a 500.000 euro e provenienti da fonti lecite, nonché la creazione almeno di tre nuovi posti di lavoro;

Certamente è da considerarsi positivamente l’inserimento di punti di riferimento precisi ed univoci rispetto alla categoria indicata nel flusso del 2015:

” imprenditori di società che svolgono attività di interesse per l’economia italiana che effettuano un investimento significativo in Italia, che sostiene o accresce i livelli di reddito;”

E’ implicito che, nonostante resti la frase “che svolgono attività di interesse per l’economia italiana” la circostanza di disporre di “risorse proprie non inferiori a 500.000″ destinate all’investimento in Italia e la creazione di almeno tre posti di lavoro riduce di molto la sindacabilità da parte dei Consolati sull”interesse per l'”economia italiana”. Si tratta di elementi ben definiti, destinati proprio ad indurre investitori internazionali ad investire in Italia senza il timore di vedersi respinto il visto d’ingresso perché non considerati di “interesse per l’economia italiana”.

Un maggiore automatismo nel rilascio dei visti per lavoro autonomo da una parte potrebbe suscitare l’interesse anche di imprenditori che si sono tenuti finora lontani perché sconcertati dalla indeterminatezza di frasi quali “attività di interesse per l’economia italiana che effettuano un investimento significativo in Italia, che sostiene o accresce i livelli di reddito;”, dall’altra parte potrebbe suscitare l’interesse della criminalità organizzata desiderosa di riciclare ingenti capitali sporchi in attività legali.

La clausola della provenienza da “fonti lecite” dei capitali da investire in Italia è estremamente vaga come formulazione ed apre nuovi scenari d’intervento per le autorità che finora hanno gestito i flussi dei lavoratori autonomi. In particolare le Camere di Commercio che dovranno comunque continuare a rilasciare le attestazioni dei parametri economico-finanziari, difficilmente comunque per importi superiori ai 500.000 € minimi previsti dal decreto. Le Questure, che finora hanno rilasciato i Nulla Osta Provvisori di sicurezza. Infine i consolati italiani all’estero. Sono tali uffici preparati e dotati di mezzi adeguati per un effettivo controllo della liceità delle fonti finanziarie provenienti dall’estero? Oppure dovranno rivolgersi a personale con specifica esperienza e competenza, quale, ad esempio, il Nucleo Speciale Polizia Valutaria della Guardia di Finanza? E’ necessaria la massima cautela e trasparenza in questo settore, il rischio è che per evitare di divenire approdo di personaggi poco raccomandabili, ma pieni di soldi, si respingano imprenditori validi, che hanno solo difficoltà di natura formale-burocratica nel dimostrare la liceità delle fonti finanziarie.

Giovanni Papperini