“Parmi tous les domaines du droit, aucun ne dépend à un tel degré de son histoire que le droit international privé. En droit international privé, l’histoire est tout […]
[Joseph] KOHLER)

Ho ripreso questa annotazione dal testo di Bertrand Ancel “Histoire du Droit International Privè”.

Mentre gli altri rami del diritto negli ordinamenti di “civil law” sono per molti versi una costante evoluzione dell’antico diritto Romano, preso a base da Napoleone per la redazione del codice napoleonico, il Diritto Internazionale Privato è per sua natura meno vincolato da una evoluzione cronicistica dell’antico diritto Romano e più sensibile ad influenze di altri ordinamenti giuridici, come il common law.
Il Diritto Internazionale Privato è essenzialmente guidato dalla Storia, in particolare dalla Storia delle migrazioni umane. Come lo sono le parti del “trattamento dello straniero” connesse al Diritto Internazionale Privato. Le maggiori modifiche avvengono in base a circostanze preminentemente storiche, come il grado di presenza sul territorio di un numero consistente o esiguo di stranieri e, comunque, di persone non aventi la nazionalità del territorio.

E’ in un’ottica di presa di coscienza del maggior spostamento delle persone nell’ambito dell’Unione Europea che è stato emanato un nuovo Regolamento Europeo che modifica le regole del diritto internazionale privato dei singoli stati aderenti, collegando le norme sulle successioni non più alla cittadinanza del de cuius ma al suo luogo di residenza abituale, sulla falsariga del sistema in uso nel Regno Unito Regolamento da poco tempo entrato in vigore, vedi articolo al riguardo su La Stampa.

Quando su twitter Marco Rizzo, che si autodefinisce comunista, scrive a proposito dei Migranti: ” #Immigrazione.I migranti triplicano.E’ il piano dell’imperialismo UE/NATO,un “esercito industriale di riserva” x azzerare i diritti sociali ”

Tweet di Rizzo sui migranti

dimostra di avere una concezione non solo ultraconservatrice, ma addirittura reazionaria della realtà. Una concezione molto pericolosa per l’interesse stesso dei lavoratori, e dei giovani e meno giovani in cerca di lavoro, che pensa invece di difendere. Questo perché dà un valore sacrale a mitici “diritti sociali” che non hanno certo, soprattutto in questi ultimi decenni, reso immuni i lavoratori ed i disoccupati da una crisi economica spaventosa, la peggiore dal dopoguerra. Molti nostri giovani, e meno giovani, hanno lasciato l’Italia per trovare fortuna in stati con “diritti sociali” diversi da quelli italiani, ma si sono tuttavia inseriti in società con “più alto tenore di vita, da una maggiore ampiezza delle retribuzioni dei lavoratori e da una più florida organizzazione economica“.
Le persone che non riescono ad arrivare a fine mese, i negozianti che hanno dovuto chiudere bottega, i giovani che non trovano lavoro o le persone che lo hanno perso perché l’azienda dove lavoravano sono state forse aiutate da posizioni come quella attuale di Rizzo o come quella ,datata, del Tribunale di Roma che qui riporto?

Nel 1949 il Tribunale di Roma nella sentenza Scozzaro c United Press Associations statuisce che:

“Le disposizioni della legislazione italiana sul lavoro hanno carattere di norme di ordine pubblico non solo interno ma anche internazionale, tali da escludere cioè anche nei rapporti tra stranieri la recezione nell’ordinamento interno di quelle norme e convenzioni stranieri che siano ispirate a principi fondamentalmente contrastanti, con quelli cui s’ispira l’ordinamento italiano.
(Nella specie: legislazione americana e disposizioni ad essa conformi).”

Nel testo della sentenza vi è un passo che desidero segnalare:

“E contrastanti con tali principii debbono ritenersi quelle legislazioni come l’americana e le convenzioni ad essa conformi, le quali, per dichiarazioni concordi delle parti, si ispirano ai principii di più ampia autonomia contrattuale e della indifferenza dello Stato nei rapporti individuali del lavoro e non concepiscono e non accettano le forme di tutela, di assistenza e di previdenza obbligatorie, quali invece sono adottate in Italia e in altre nazioni del vecchio continente, anche se l’adozione di quei diversi principii derivi dal più alto tenore di vita, da una maggiore ampiezza delle retribuzioni dei lavoratori e da una più florida organizzazione economica…” “….Ed è appunto perchè le norme del diritto del lavoro riflettono le garanzie essenziali dell’organizzazione politico economico-sociale, e sono dettate per considerazioni di utilità generale e trascendono le sfere dell’interesse particolare o privato dei singoli…”

Dove sarebbero queste conclamate “garanzie essenziali dell’organizzazione politico economico-sociale” , se non fai parte della Casta?

All’epoca la presenza di Stranieri in Italia era estremamente limitata mentre attualmente sono oltre 5 milioni, e, se inseriti nel mondo produttivo, devono pure avere il diritto di modificare le loro rivendicazioni in maniera diversa rispetto a quelle degli Italiani nei decenni precedenti. Se, ad esempio, hanno il desiderio di avere ferie più lunghe per poter tornare in patria devono avere il diritto di accumularle, rinunziandovi per un certo periodo. Molti “diritti sociali” sono, putroppo, più di natura formale che sostanziale. E’ ad esempio una tutela solo “formalmente” valida concedere il medesimo salario per lo stesso tipo di lavoro ad una persona che lavora in una metropoli rispetto a chi vive in un piccolo paese di provincia con un costo della vita molto più basso. Tutela solo “formale” è anche ritenere di essersi messo la coscienza a posto con l’offrire la medesima retribuzione ad un lavoratore straniero rispetto ad un nazionale.
Dovrebbe apparire chiaro che un conto sono 1000 euro guadagnati da chi vive e lavora da sempre nella stessa città, che conosce bene, dove si e’ creata una più o meno vasta rete di amicizie e conoscenze, ed un conto sono 1000 euro guadagnati da un cittadino straniero improvvisamente catapultato in Italia da una nazione lontana,ecc. Tale persona avrà pure diritto a ricevere un trattamento diversificato nel suo stesso interesse? Un trattamento non necessariamente correlato solo ed esclusivamente ad equivalenti trattamenti retributivi e contributivi rispetto al personale nazionale?
E’ naturale che la globalizzazione, il trasferimento di personale in altre nazioni comporta inevitabilmente modifiche nelle richieste di servizi, per gli expat, e per gli immigrati in generale. La presenza di servizi del genere può essere più utile per loro di molti “diritti sociali” conquistati dai lavoratori italiani in altri contesti storici:
– un’adeguata assistenza logistica ( adeguati servizi di relocation, ecc);
-un rapporto con la pubblica amministrazione italiana non punitivo. (ottenimento dei visti e dei permessi di soggiorno in tempi accettabili e senza estenuanti file agli sportelli, ecc)
– un’adeguata informazione in grado di superare il cultural shock a cui sono soggetti quando si trasferiscono in una nazione con caratteristiche sociali e culturali molto diverse da quella di origine;
– un’adeguata campagna imprenditoriale ed istituzionale volta a tutelarli in misura non inferiore ai “turisti”
– un’adeguata rete di scuole internazionali per i loro figli, non necessariamente troppo costose ed elitarie.
– contratti di locazione adeguati alle specifiche esigenze dei “relocati” e degli immigrati, tradotti in varie lingue e con clausole “multiculturali”.

Giovanni Papperini

 

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