Sesso e (è) Libertà? Il paradosso della presunzione di autonomia del “sex worker” legale.

Può sembrare paradossale ma un po’ dovunque nel mondo dove si sono legalizzati i “sex worker” , o si sta studiando il modo di farlo, si tende a considerare questo tipo di lavoro come per sua natura “autonomo” e non dipendente da qualcuno. Il rapporto che lega il “sex worker” con gli “organizzatori” o promotori viene considerato idealmente come una “partnership” , un rapporto paritario “win to win” nell’interesse reciproco. Vi è un rifiuto di considerare il lavoro legale dei “sex worker” come un lavoro dipendente, con le caratteristiche di “assoggettamento” alle direttive stringenti del datore di lavoro come avviene per la generalità dei lavoratori subordinati. Anche le tipologie dei visti d’ingresso, quando previsti, sono di natura autonoma.

La situazione è paradossale perché nella generalità dei lavori vi è da parte di molte legislazioni , tra le quali sicuramente quella italiana, la tendenza a considerare tutti i rapporti di lavoro come subordinati. Tranne ben delimitate eccezioni ,soggette a particolari controlli di veridicità della reale natura del rapporto instaurato tra le parti. Con la netta tendenza a disincentivare al massimo il ricorso a forme di collaborazione autonoma, vedi da ultimo il “Jobs Act” renziano che prevede la progressiva abolizione dei co. co. co. e collaborazioni a progetto. I disincentivi sono anche di natura fiscale e previdenziale, basta considerare l’utilizzo delle “partite IVA” in Italia come il “bancomat” dell’INPS.
Stranamente nel lavoro , legalizzato, dei “sex worker” tutta questa presunzione di subordinarietà decade. Anzi i controlli sono invertiti, la legalità/normalità è nel rapporto di collaborazione autonoma, paritaria, mentre l’illegalità è in qualsiasi imposizione autoritativa del potere datoriale.
In questo particolare tipo di lavoro si scontrano due concezioni diverse di tutela, da una parte la tutela di chi offre le sue particolari prestazioni lavorative rispetto a chi le organizza, dall’altra parte la tutela della persona in quanto tale, della sua dignità e dei limiti che lei stessa deve sentirsi libera di rispettare quando ha deciso di intraprendere tale lavoro. Questa seconda tipologia di tutela prevale largamente, come è giusto che sia.

Giovanni Papperini